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Campionati EuropeiSan Marino 1-7 giugno 2003
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Il Campionato più difficile è diveuto il più bello. E per me l'ultimo. Più difficile perchè a noi competeva anche l'organizzazione e, giocando in casa, l'urgenza di un risultato valido. Tanto più in considerazione dell'interesse che la Federazione aveva mostrato per noi quest'anno (riunioni, investimenti, presenza al torneo stesso). Insomma c'era un bel po' di pressione e non si poteva fallire ne' agli occhi degli stranieri (sempre molto critici in occasione dei campionati europei cui abbiamo precedentemente partecipato), ne' agli occhi dei nostri dirigenti (che volevano vedere se siamo qualcosa di piu' di un gruppetto di amici schiamazzanti), nè, soprattutto, per noi stessi: giocatori e tecnici cui perdere (tanto piu' in casa) non piace per nulla. Organizzazione:Mitch e' stato ottimo. Tenere i rapporti tra 18 squadre e gli alberghi, la direzione della piscina, gli arbitri e la federazione italiana non era semplice. Soprattutto perche' manchiamo di strutture organizzative interne (i quadri) per cui chi si propone per aiutare viene cooptato in operazioni che vanno dall'allenare i compagni che vanno in nazionale, alle riunioni con i dirigenti, alla trattativa con i gestori della pisicna o degli alberghi e ristoranti. Insomma un general manager nel vero senso della parola, ovvero che dirige un po' tutto. Piu' che le parole possono i fatti: complimenti da parte di tutte le federazioni e squadre straniere, soddisfazione degli arbitri, riconoscimento della federazione italiana, nazionali italiani impegnati soolo a giocare (almeno durante le giornate del torneo). Cosa si vuole di piu'? La miglior festa finale da quando abbiamo iniziato a giocare, tutti i mondiali inclusi, per cibo, bevande, economicita' e divertimento? Abbiamo avuto anche quella. Grandissimo Mitch, ma grandissimi anche tutti coloro che con lui hanno collaborato, in silenzio, senza pretendere riconoscimenti, senza neppure che la maggior parte sapessero che sono stati fondamentali nella direzione delle partite (senza cronometristi per gli espulsi e' dura dirigere), nella registrazione delle squadre, nel tracciare il campo o nel costruirlo, nell'allestimento di tutti i collegamenti video e nel riprendere le partite, nel fare musica o nel proporre e aggiornare loghi, disegni, sito internet. Beppe, Patrizia, Sammy, Max, Predda, Antonio, Fiore, Ric, Manu, il Duca, Cristian Yari : a tutti coloro che si sono impegnati gratuitamente e con entusiasmo un grazie enorme! La squadraAl solito parlo solo della maschile per non riaccendere polemiche ormai vecchie sulla molteplicita' dei ruoli (pero' mi sono divertito un sacco a fare l'ultras in alcune partite della femminile purtroppo troppo poche per la contemporaneita' degli eventi; e comunque bravissime ragazze: sul campo avete battuto le quinte! E questo e' un dato). Lo slogan era "La squadra piu' forte di sempre". Be', l'abbiamo trasformato in realta'. Sul campo. Un esempio piccolo. Con la Francia abbiamo perso 7-0 con 3 gol presi negli ultimi 3 minuti causa qualche esplusione di troppo. A fine partita i francesi erano soddisfatti del risultato mentre a noi andavano indigesti quegli ultimi 3 minuti. L'Olanda avrebbe poi perso 5-1, non molto meglio. Pensare di competere con la Francia e' presuntuoso, dargli fastidio e' una realta'. La forza di questa sqaudra e' stata la compattezza. Dentro e fuori dall'acqua. Tutti erano sempre convinti di ogni scelta tattica, di ogni decisione: giocare a sinistra o a destra, davanti o dietro, di contenimento o con pressing, sul muro o in mezzo al campo, e' sempre sembrata a tutti 12 la scelta giusta e tutti 12 si sono sempre impegnati per far divenire realta' lo schema tattico. Pare banale, ma e' il segreto di un gruppo vincente. Anche qui un esempio piccolo: tutti avrebbero voluto giocare l'ultima partita con la Slovenia, ma nessuno ha eccepito di fronte ad una scelta che poteva essere azzardata di spostare un terzino all'ala; di piu', gli incoraggiamenti a Frenz durante i primi minuti della partita sono stati l'emblema della squadra. E il fatto che il gol decisivo sia stato propiziato da una sua spinta in avanti (quella spinta dell'ala che tanto avevo chiesto nella partita con la Serbia), il migliore esempio che quando si crede gli uni negli altri tutto e' possibile. Un nome pero' lo devo fare. Proprio per esaltare la forza della squadra che e' riuscita a consentire l'esplosione di un giocatore. Jack. Troppo facile dire che ha buona tecnica o fiato. Io sono sempre stato duro con un talento che non veniva utilizzato per far crescere la squadra. Quest'anno ancora piu' che in passato, fino agli urlacci nel torneo di Kranj. Jack e' partito per San Marino che voleva rimettere i gradi di capitano (ora lo possiamo confessare) perche' non si sentiva di rappresentare questo gruppo: gli ho solo detto di prendersi le sue responsabilita'; e lui l'ha fatto, partita dopo partita, limitando le S partita dopo partita (questo e' avvenuto un po' lentamente ma e' avvenuto), mettendoci piu' sprint, cercando di farsi capire dai compagni e di mettere al loro servizio ogni vantaggio derivante da una azione personale. Le sue parole di commento al torneo, l'orgoglio di essere in questo gruppo sono non soltanto la chiave dei nostri successi ma la garanzia che siamo solo all'inizio. Anche per questo posso ritirarmi ora, sapendo, sta volta si', che lo spirito del gruppo va oltre l'individuo. Non importa parlare di ogni singolo giocatore. Tutti hanno svolto il loro compito, portando il loro mattoncino alla costruzione del gruppo vincente: chi esplosivita', chi esperienza, chi rabbia agonistica chi tranquillita' nei momenti piu' difficili, chi tecnica (molta, molta tecnica in un europeo dai minimi contenuti tecnici individuali), chi fiato. Io sono convinto che la squadra abbia capito che puo' diventare forte solo se ognuno fa la sua parte. Poi puoi avere un giocatore che rappresenta questo spirito di squadra, ma solo perche' dietro ci sono 12 giocatori convinti gli uni degli altri. Errori sono stati fatti. E' inevitabile. Il problema maggiore e' la consapevolezza di essere diventati forti e di poter giocare in modo diverso a seconda degli avversari. Quando si parte con la baionetta tra i denti la squadra da' il meglio. Qunado bisogna utilizzare il fioretto perche' la tecnica e' superiore allora ci si perde un po'. Paradossalmente si gioca meglio con Olanda (4-3 e time out chiamato da loro a 2 minuti dalla fine) che non con l'Ungheria; con la Serbia che con la Turchia. E con la Serbia stessa si gioca meglio quando si e' in parita' che non quando si deve solo controllare il gioco perche' stiamo vincendo. Ma ci vuole tempo per metabilizzare la nostra forza. La paura di vincere , il "braccino corto" degli ultimi 5 minuti con la Serbia con la partita sull'1-0 per noi deve essere una lezione per il futuro: avventarsi sul disco di inizio per spingerlo nell'angolo avversario, tenerlo si' lungo il muro, ma senza arretrare ogni volta nel nostro angolo, mettere in acqua ali fresche per risospingerlo in avanti, sono piccole tecniche che fanno la differenza tra una partita di cui si e' perso il controllo e si finisce sconfitti (Serbia) ed una che si controlla per finire vincitori (Slovenia). Forse la cosa milgiore che ho fatto come allenatore in questo europeo e' stato chiamare time out dopo il nostro gol nella finale con la Slovenia per ricordare questi semplici principi (e per rimettere in acqua anche gli altri 3-4 giocatori che, come 2 anni fa, stavano festeggiando una vittoria che alle volte risulta essere prematura). Poi e' stato merito di questo eccezionale gruppo realizzarlo. Insomma ci vuole tempo per conoscere la propria forza. Tempo per scoprire che con la Spagna basta giocare con la ridotta per vincere 6-0 senza impegnarsi piu' che tanto, tempo per scoprire che se anche gioca Stephan l'Ungheria e' ben alle nostre spalle, tempo per capire che con la Serbia dobbiamo tenere il centro del campo, non occorre buttarsi sulle pareti dove loro sono maestri. Ci arriveremo continuando per questa strada. L'inserimento di Juan e' stato molto positivo. Come speravo e' stato piu' utile fuori dal campo che in acqua (dove per altro e' riuscito a ben inserirsi nel gruppo). Fare gruppo, tenere unita la squara, concentrarsi sulle partite: un esempio costante di dedizione al gruppo da parte di un ragazzo di appena 21 anni. Sono certo che molti lo ricorderanno e tutti ne trarranno benefici. E poi chissa'? Tra 2 anni vuole ritornare in Italia a vivere, sembra che si sia trovato altrettanto bene con noi quanto noi con lui. A 23 anni potrebbe avere ancora qualcosa da dire nell'hockey..... Il futuro. Mai cosi' semplice. Continuare ad allenarsi sulla tecnica (nostro marchio di fabbrica ma certo da migliorare) e sul fiato (che non e' mai abbastanza). E poi andare all'estero: Francia e Olanda su tutti. Solo abituandosi a giocare a velocita' elevata si puo' fare il salto di qualita'. Solo cominciando a impegnare qualche club di buone tradizioni si puo' prendere con la dovuta tranquillita' le partite con nazionali come la Serbia o la Colombia. I contatti li abbiamo tutti e, al solito, piu' che organizzare qualche torneo ed un cliniclungo (con Rob a novembre-dicembre e' gia' quasi fatta), sara' solo con la volonta' individuale che si potra' andare avanti. Da parte mia riconfermo l'interesse ad aiutare la crescita dei gruppi nuovi. Vorrei arrivare ad avere 30 giocatori con le ambizioni di entrare in nazionale, possibilmente sparsi sul territorio nazionale. Vedremo se sara' possibile. Credo che continuando a cambiare 2-4 giocatori ogni volta si possa proseguire nella crescita di questo gruppo. Se saro' ancora coach o un tecnico di base lo vedremo piu' avanti. L'appuntamento e' a settembre, scaricate le tossine, vorrei sapere chi e' seriamento interessato ad andare in Nuova Zelanda, nella consapevolezza che la squadra a noi piu' vicina sarebbe la GB. Potrebbe essere l'occasione per fare qualche esperimento in piu'. Ma la mia stessa disponibilita' come coach dipende molto dall'entusiasmo che vedro' attorno. Un ultimo appunto. A smontare il campo il sabato pomeriggio finale c'erano davvero tante persone. Per questo in 2 ore si e' fatto tutto. Dicevo prima di partire che fare i furbi da soli alla fin fine e' meno gratificante che faticare assieme ai compagni di squadra. Alla fine lo abbiamo capito quasi tutti. Nonostante gli acciacchi, i dolorini di fine torneo, la fatica: in tanti hanno voluto stare assieme ai compagni anche in quell'utimo sforzo. E' un grande segno di forza del gruppo.
Il Colonnello Il saluto del capitano Jack
Ancora è stato giustamente scritto molto poco sull'esperienza europea dei maschietti. Come capitano, credo sia giusto che cominci io. E' stato uin anno difficile per molti. Gli allenamenti in inverno con pochi in piscina. Le corse fuori al freddo. I battibecchi coi comopagni di squadra. Le email, i fraintendimenti. E mille altre cose, per cui sarebbe potuto tranquillamente andare tutto a farsi fottere. Eppure tutto questo in data 1 giugno è stato messo dietro. Ed è nata una vera squadra. Un vero gruppo di 12 atleti, concentrati su un unico obiettivo: fare il meglio possibile. Non ce ne fregava un cazzo se i giornali non avrebbero parlato di noi, se nessuno sarebbe venuto a vedere le partite, se la settimana dopo saremmo dovuti tornare alla vita di tutti i giorni. Ce ne siamo sbattuti se gli altri sembravano più grossi, o più veloci, o più allenati.Se di frotne avevamo la Francia o la Turchia. Siamo usciti con onore dopo ogni battaglia. Chi ci ha battuto, ha dovuto sputare sangue. E chi invece ha perso, è perchè la nostra forza lo ha distrutto. In ogni secondo in acqua, in ogni minuto di ogni partita, in ogni s, in ogni switch, in ogni goal, in ogni disco rubato, c'era la forza di 12 giocatori. Ed è per tutto questo che voglio ringraziare queste 11 stupende persone e superbi atleti per quanto fatto. Moreno, Juan, Leo, Franz, Save, Pelcio, Alcatraz, Carlo, Cip, Alessio, Giacomone. Forse nessuno camminando per strada ci riconoscerà mai, e magari tra un mese forse un trafiletto uscirà sul carlino. Ma da oggi, ogni volta che entreremo di nuovo in acqua, avremo la consapevolezza di essere forti come chiunque altro. E da oggi sarà molto più facile allenarsi, sputare sangue, giocare e vincere. E questo sarà dentro di noi per sempre. Ricordiamocelo. Che sia bene impresso nella nostra memoria Sono orgoglioso e onorato di aver potuto prendere parte di questo gruppo, di essere stato il loro capitano E per ultima cosa, un grazie al Colonnello. E non aggiungo altro perchè lui sa già cosa significhi per me un suo addio all'hockey giocato. Alla prossima battaglia. Jack
Il ritiro del Colonnello
Tempo di bilanci. Inevitabile. Molta gioia. Il cuore gonfio. Leggo di Carlton (Myers) che al domani della sconfitta in SF play off annuncia che non giochera' piu' in nazionale. Un grande che se ne va. Definito perdente perche' nella sua carriera ha vinto solo uno scudetto, un oro e un argento agli europei e ha portato per 10 anni di fila le sue squadre alle SF in campionato: ce ne fossero dei perdenti cosi'! Pero' e' triste che se ne vada dopo una sconfitta; in punta di piedi. Io sono diverso. Pratico uno sport che non conta nulla. E ho vinto ben di meno. Pur facendo le debite proporzioni tra i due sport sono anche piu' tristo. Pero' sono piu' fortunato perche' mi e' stata data una opportunita' che a pochi viene data e che, talvolta, puo' non essere riconosciuta quando giunge. Sabato 7 giugno. Finale 5-6 posto italia-slovenia. Un classico che parte da lontano: 1998 gennaio, gli sloveni vengono a Bologna per insegnarci a tirare: mai avremmo pensato che si potessero alzare i dischi a quel modo. 1998 maggio: andiamo a Kranj la settimana prima di partire per San Jose', dopo averci battuto in campo, gli sloveni si divertono ad espellere i loro stessi giocatori:ancora giocando 6 contro 3 non riusciamo ad arrivare a meta' campo. 1999 europeo: 11-0 per gli sloveni 2000 mondiali a Hobart: 2-0 per 4 gatti ricchi di slovenia 2001 europei Belgrado 4-3 al golden goal (e non dico altro) 2002 qualche sconfitta in tornei, incluso quello di Bologna A questo europeo li avevamo battuti nel girone di qualificazione. Ma i play off sono un altro campionato. E per 25 minuti nessuno segna. Le occasioni da gol sono poche. Squadre coperte. chiuse. Consapevoli che un gol chiude la partita. Ecco perche' sono fortunato: solo 4 minuti per chiudere e c'e' una fuga travolgente di Moreno sulla sinistra. Sono terzino destro, di copertura, ma in quel momento "vedo la luce" come Belushi nei Blues Brothers, e sprinto in avanti. Io, lento come una lumaca, con i miei pinnini gialli che vanno bene per uno sprint di 2 mt sott'acqua, ma non per 15 in superficie. Ma il disco viene toccato da tanti giocatori: forse tutta la squadra mette qualcosa di suo in quell'azione: uno stop, un passaggio, un blocco. Alla fine il disco mi casca davanti. Devo solo continuare la corsa per 1 metro, forse 2, forse mezzo (proprio non lo ricordo). Ed e' nella canaletta. Ed e' un urlo liberatorio che tenevo dentro da quel primo giorno del 1998 quando guardavo Ales e Klemon far tiri di 4 metri. 1-0 e la slovenia e' dietro per la prima volta. E per me si chiude un ciclo. Lo sapevo prima di iniziare questa partita. Per questo prima del riscaldamento, ho attraversato il campo a nuoto e, solitario, sono andato a salutare gli sloveni. Per l'ultima volta dal campo. E' uno sport piccolo il nostro. Nessuno sa nulla. Anche se abbiamo investito qualche migliaio di euro in programmi televisivi e pubblicita' credo che Mitch abbia ragione nel giudicare che in pochi si sono accorti di questo evento. Ma da dentro e' per noi importante quanto il basket per Carlton (alle volte mi chiedo se non lo sia anche di piu', cosi' svincolato da problemi professionali). E quel momento, quell'ultimo abbraccio ad uno ad uno con tutti i giocatori(avversari/amici che da 6 stagioni inseguivo) certo lascia un segno nella mia memoria. Poi la partita e' andata come e' andata e' c'e' pure la torta della vittoria con la ciliegina del gol, unico in tutto l'europeo. E' quindi il momento giusto di dire basta come giocatore della nazionale. Pur nella felicita' del momento mi rendo conto delle mie possibilita'. Mi sono sempre chiesto se sarei stato in grado di giudicarmi (cosa che, come selezionatore ho sempre avuto l'arroganza di fare). Di sapre quando fossi arrivato al capolinea e di dichiararlo, un attimo prima che qualcun altro me lo facesse notare. Certo in questo campionato credo e spero di essere stato di aiuto anche in campo (al di la' dell'ultimo gol), ma il futuro parla di GB, Colombia, Olanda, Francia. Sono squadre per competere con le quali e' richiesta una velocita' di esecuzione, una forza fisica, una resistenza che io non ho e non saro' in grado di avere tra 1-2 o 3 anni. Lo dico serenamente, con quella serenita' che viene dall'aver raggiunto il massimo possibile e dalla consapevolezza che oltre devono andare altri. Non accetterei mai di essere un peso per la mia squadra. Certo c'e' ancora la Serbia da raggiungere. Ma li' e' diverso. Li ho gia' battuti nel supplementare del 1998 quando assieme avevamo cominicato. Poi e' stato un continuo superarsi vicendevolmente e cosi' sara' anche in futuro. Una sfida infinita. Insomma se avessi potuto sceneggiare un finale per la carriera agonistica nazionale non avrei potuto fare di meglio di quanto e' accaduto in realta'. Dunque anche se Ivan mi ha riportato quella mazza che avevo gettato via allo scadere del trentesimo minuto, non torno sui miei passi. Alle volte e' stato triste, alle volte felice, spesso durissimo, sempre bellissimo con i miei compagni. Ma ora e' finita. Per molti non fara' una gran differenza. Per me si'. Perche' proprio il gioco e' stata la molla che mi ha spinto a continuare a lavorare per l'hockey in queste 6 stagioni. Ora dovro' trovare qualcosa di diverso. Futuro. Continuero' a giocare nel club e nei tornei e campionati, perche' giocare mi diverte sempre. Vorrei dedicare piu' tempo all'insegnamento, soprattutto alle nuove leve. Gia' ho parlato con Carmine e mi sono detto disponibile (altrettanto Marco) a qualche visita ad Avellino per aiutarli a crescere tecnicamente. Confermo questa idea. Lo stesso per Parma dove oltre ad Alessio e Michele vedo alcuni giovani molto interessanti come Patto e Ferro. E per allenare la nazionale? Chiedo un paio di mesi di relax. Prima di partire ero certo di no, causa una serie di contestazioni sull'onesta' del mio operato che, tutto sommato, mi facevano pensare che sarebbe stato meglio dedicarsi ad altro. Poi l'esperienza del gruppo di San Marino ha dimostrato che quando si vive assieme invece di scrivere e leggere e-mail le persone sono ben diverse (probabilmente io per primo) e con una grande fiducia reciproca abbiamo messo in piedi un gruppo formidabile che ha ottenuto un buon risultato ma, soprattutto, che ha mostrato di avere le qualita' per crescere ancora. E questo cambia il giudizio finale. Datemi un paio di mesi estivi per scaricarmi e a settembre vedo se candidarmi come allenatore (e basta) per New Zeland 2004 o lavorare solo nell'ombra per far crescere il movimento e migliorare le nuove leve. Comunque non pensate che non giochi piu'. In campo mi vedrete ancora. Ciao a tutti e grazie a tutti i miei compagni. Leone |